11 - mercoledì 11 novembre 2009
TRAPANI IN AEREO!!
Visita del centro, poi via Fardella (corso) fino al Santuario della Madonna e al Museo Pepoli.
Sosta al bar poi alla stazione della cabinovia per Erice.
Visita di Erice. Ritorno al centro con il bus.
Percorso principale è di 6 Km

 

 

Il diario di Laura

Mercoledì 11 novembre ‘09

Destinazione                   Trapani, Erice- una pazzia, hanno detto tutti, ma è l’unico tipo di  avventura che possiamo ancora permetterci

Partecipanti                     Luisa, Iso, Patrizia, Alba, Laura, Claudio, Rita, Gianni, Carla, Enzo, Cate, Sandro,  Mariella, Gio, Dani, Anna Po ( che oggi è stata ribattezzata Anna Popò da Mara,   perché ha dei problemi intestinali), Mara. Aiuto, non  siamo in 18 ma in  17!!! Infatti   Isa non ha potuto venire per via del ginocchio, peccato.

Durata                              5 ore col passo da turista, che è quello che straccia di più

Sveglia alle quattro, chi ce l’ha fatto fare? Prima colazione. Alle cinque carichiamo Iso, Patrizia e Luisa sullo stradone. Stabilire quante macchine prendere  e chi carica chi, ci ha portato via un pomeriggio, e però è saltato fuori chene  abbiamo presa una in più perché Paolo ha portato ed è venuto a prendere Alba, lo avessero almeno detto! Arrivati all’aeroporto, prendiamo  la direzione P2, come ci ha detto Sandro, e già questo non ci piace per niente. E poi intavoliamo una conversazione con una macchina, che ci manda al terzo piano secondo questo schema: a destra, a sinistra, tornare indietro, a sinistra, a destra, verso l’alto, e non abbiamo neanche il filo di Arianna, che ci tornerebbe tanto comodo. Noi siamo ligi e seguiamo coscienziosamente il percorso indicato, ma c’è chi è furbo e fa delle scorciatoie, sorpassandoci e prendendosi i nostri improperi. Ci ritroviamo cogli altri al punto convenuto. C’è anche Alba e, dispiace dirlo, non ha  portato Manzini, chissà perché. E c’è una new entry, Enzo ( è sposato? chiederà una nostra amica quando gliene parleremo). Al metal detector Patty continua a risuonare. Viene perquisito, e rilasciato solo dopo che si accorgono che la macchina ha rilevato il suo busto. Anche Alba continua a risuonare, perché ha una ginocchiera con le stecche. La ragazza che la perquisisce non ne ha mai vista una, che cos’è, chiede. Beata gioventù. Davanti al gate di partenza, che Iso pronuncia tale e quale come si scrive per farmi arrabbiare, facciamo la seconda colazione. Partenza in orario, alle sei e mezzo. Come al solito io non mi sento tranquilla perché, mi chiedo, come fa l’aereo a stare sospeso in aria? Non vorrei che fosse come nei cartoni animati, che uno continua ad andare avanti finchè si rende conto che sotto c’è il vuoto, e allora precipita. Sull’aereo le bevande e tutto il resto sono a pagamento, con tutto quello che abbiamo speso per il biglietto ( 45 euro ).Vendono anche delle sigarette che la Ryan Air ha in esclusiva. Non si devono accendere , non fanno fumo, e costano solo 6o centesimi l’una. Patti si mette a leggere “ La teoria della relatività “, io il depliant dell’aereo. A ciascuno il suo. Dopo un po’ raggiungo Patrizia, che mi aiuta a  correggere la presentazione in inglese di una mostra d’arte, di cui naturalmente non capiamo nulla, ma che traduciamo coscienziosamente lo stesso. Il viaggio va benissimo, e atterriamo alle otto e un quarto come da orario. Prendiamo l’autobus.  Iso si siede vicino a Patti e mi dice che anche stavolta verrà fuori un acquerello bianco. Quando scendiamo a Trapani, il conducente ci dice che,  se abbiamo una pistola, possiamo andare dovunque. Aiuto, cos’avrà voluto dire? Ma Riccardo, il cognato di  Grazia che gentilmente ci accompagnerà per gran parte della giornata, ci dirà poi che stava facendo dell’umorismo immotivato e di cattivo gusto. Prendiamo la via Torrearsa che è lunga lunga ed è fiancheggiata da begli edifici eleganti dai caldi colori pastello. Cate, Iso e Sandro vanno ad incontrare Riccardo, mentre noi ce ne stiamo lì in giro e, tanto per fare qualcosa,  entriamo in un forno e ci prendiamo un dolce speciale che qui si fa per S. Martino – che sarebbe oggi. Gronda ricotta ed è buonissimo. E questa è la nostra terza colazione. I nostri amici tornano e cominciamo la visita della città. E però sono le nove e non è ancora successo niente, ma che avventura è? La città è gradevole e pulita, più pulita di Bologna dice Gio. Entriamo nella cattedrale, dove le cose più belle a mio avviso sono la Crocefissione di Van Dyk, L’Adorazione dei pastori – da alcuni attribuita a Caravaggio, e l’altare della Madonna di Trapani. All’uscita, sui gradini, troviamo degli hippy dall’aspetto nordico: qui l’elemosina la chiedono gli altoatesini, mica gli africani. Prendiamo una stradina stretta ed ecco il mare, finalmente! Tira un gran vento, e le onde si precipitano sulla riva spumeggiando. L’acqua ha un colore intenso, il cielo è bello anche se corrucciato. Percorriamo il lungomare che costeggia la falce di terra che si protende sul mare ( il toponimo Trapani viene dalla parola greca che significa Falce ), stando sul chi vive per bloccare Gio se vediamo che si vuole buttare in acqua. Visitiamo la Chiesa di Maria SS del Soccorso, che il custode ci presenta orgogliosamente come ‘ una bomboniera’. Ci sono organi maestosi di legno e un pavimento bellissimo intarsiato con 70 qualità diverse di marmo. Ci sono poi le reliquie di S. Colomba, che spuntano da  finestrelle operate nella statua. Nella Chiesa del Purgatorio – spero almeno che sia questa,  perché ne abbiamo viste tante che potrei anche sbagliarmi – alle pareti sono addossati dei bei gruppi di statue che rappresentano la passione e la morte di Cristo, e che vengono portati in processione nelle festività dalle varie corporazioni. Dopo una lunga passeggiata lungo via Fardella,   raggiungiamo il Museo.
 Si trova nel trecentesco ex convento dei Carmelitani, rimaneggiato nei secoli seguenti. Il nucleo è costituito dalla collezione del conte Agostino Pepoli – sarà quello di Bologna? Le guide che interpelliamo  dicono di sì, ma hanno l’aria di prenderci in giro. Ci sono maioliche, ori, argenti e sculture presepiali, oltre ai quadri. Le cose che mi sono parse più interessanti sono due santi rispettivamente di Ribera e di un Carracci, un ritratto di Balla, la Pietà di Roberto di Oderisio; un calice del 1600 di rame dorato, corallo smalto, argento; un cammeo di Venere della fine del 700; la Madonna con angeli reggicortina della prima metà del 400; il paliotto d’altare di corallo fili di seta policromi e granatine del 600; il presepio di rame dorato , corallo, smalto e argento dell’inizio del 7oo. Tutti questi li potete rivedere sul sito del museo, se volete.
 Pranziamo in un bar con arancini freddi e pasta insapore, poi andiamo alla biglietteria dell’ovovia che porta ad Erice. Lì lasciamo la sorella di Grazia, che era venuta a salutarci, e saliamo ad Erice.
  Durante la salita, Mara ricorda lo sketch di Aldo, Giovanni e Giacomo in cui questi fanno una campagna per raccogliere fondi per aiutare i bambini affetti da meteorismo, con lo slogan “ Libera l’aria che c’ è in te. Ma non in ascensore “. O in ovovia, si potrebbe aggiungere. Invece Gianni propone di fare una gara di puzzette in cui bisogna indovinare chi le ha fatte, ma la proposta viene bocciata. All’uscita dalla cabina ci aspetta un paesaggio mozzafiato: le saline là in fondo che sembrano lastre di metallo e risplendono al sole, le isole che si vedono o si intravvedono, la costa dai colori intensi , movimentata da bellissime insenature. Siamo a 750 metri di altezza, e fa freddo. La parte più antica della cittadina è deserta, chiusi i negozi. Riesce difficile immaginare che ci siano momenti dell’anno in cui si fatica a fendere la calca dei turisti.
 Visitiamo il Real Duomo.Secondo la tradizione, la chiesa fu innalzata già ai tempi di Costantino, nel  IV secolo dopo Cristo. L’edficio attuale, prezioso esempio di arte neo-gotica,  fu edificato all’inizio del 300 ed è stato più volte rimaneggiato. La torre, costruita alla fine del 200, è alta 28 metri e vi si sale con una scala di 108 gradini – come ricordano con dolore le mie ginocchia. E’ illuminata da monofore e bifore, da cui si vedono bei panorami sulla vallata e sull’agglomerato di case dell’insediamento  urbano più recente. Visitiamo la Chiesa di S. Martino ( XVII secolo ) con annesso cortile cinquecentesco, poi quella di S. Giuliano cui si accede attraverso un bel portale cinquecentesco; l’interno, a tre navate con quattro possenti colonne per lato, secondo la guida si presenta dopo il restauro in tutto il suo splendore architettonico, sottolineato da un luminoso intonaco bianco – non potevano farlo beige, che abbagliava di meno? dice Patti. In una saletta adiacente, statue di cera di Gesù Bambino circondato da decori floreali e strutture architettoniche dai tenui colori pastello, che ci vuole un attimo perché sconfinino nel kitsch.  Ci fermiamo nel parco del castello – che se ne sta lì, appollaiato su uno sperone di roccia -  a fare degli ooh di meraviglia per la bellezza del paesaggio, su cui incombe  un cielo molto drammatico di nuvole scure e veloci. Andiamo a sederci nell’unico bar aperto, per riposarci e scaldarci un po’. Sui tavoli, Il giornale di Sicilia, berlusconiano di stretta osservanza – Patti dice che è l’unico esposto nelle edicole, che razza di opinioni  si potranno mai fare i siciliani? . Mara ci fa notare che Enzo ha il ciuffo eretto e sottolinea come, di questi tempi, sia un fatto da non sottovalutare. Ritorniamo all’ovovia e scendiamo verso Trapani, mentre cala velocemente il crepuscolo. Giù , salutiamo e ringraziamo la sorella e il cognato di Grazia, che ci hanno gentilmente accompagnato, e ci mettiamo ad aspettare l’autobus addossati al muro in una lunga fila, su uno strettissimo  marciapiedi sbilenco. Telefoniamo ad Isa per salutarla e dirle quanto ci manca. Lei ringrazia e dice che stava per gettarsi dalla finestra. ma per il momento il nostro affetto le ha fatto cambiare idea. L’autobus non arriva, chiediamo informazioni all’unico essere umano che passa e lui dice che ce n’è uno ogni ora. Aiuto! Va bene che qui non fa più così freddo come a Erice, ma è buio e siamo stanchi. Ma per fortuna dopo solo mezz’ora eccolo che arriva. Andiamo in centro da “ Salvatore “, dove Sandro ha prenotato la cena per le sei. Entrando, diciamo che veniamo da Bologna e uno dei giovani camerieri ci dice che conosce la  Tina  di Tolè.          Mi  verrebbe voglia di dire che il mondo è piccolo, ma non lo faccio perché ho paura chemi diciate che è un’osservazione  banale.
 Ci sediamo a tavola e cominciamo a bere: buono il vino bianco e buonissimo quello rosso, tutti e due forti. Così dopo poco cominciamo a fare discorsi  sconclusionati e sconsiderati, innescati dal fatto che Alba si è tolta la protesi ( la ginocchiera ).Ridiamo tutti come dei matti, e ci asciughiamo gli occhi col tovagliolo. Gianni dice, togliamoci le protesi, poi abbassa le mani sotto il tavolo, e non sappiamo che cosa si è tolto. Parla che te parla, Gianni dice, basta anche con le protesi dell’anima! Togliamoci le maschere! Aderiamo tutti alla proposta, soprattutto Mara che ha delle protesi del cazzo che le incrostano l’anima. Ma arrivano i primi e le cose finiscono lì. C’è chi mangia il cus-cus, chi la pasta alla Norma, chi quella al pesto trapanese, tutto buonissimo. Poi i secondi di pesce, in gran parte ottimi fritti misti. E alla fine quelle che mi pare di ricordare che si chiamino cassatelle, delizie fritte ripiene di ricotta; poi liquori locali, il tutto a 21 euro. Dobbiamo venirci più spesso qui. Cantiamo le lodi di Sandro e di Trapani sull’aria di “ La lontananza “ di Modugno e “ Those were the days “, poi ce ne andiamo a prendere l’autobus per l’aeroporto, non senza aver promesso che torneremo il 10 marzo – giorno in cui il volo costerà solo 22 euro. Alle otto e mezzo prendiamo l’autobus e alle dieci e venti l’aereo parte. Appena mi siedo , mi appisolo. Mi sveglio che stiamo atterrando e mi meraviglio di come l’aereo sia riuscito ancora una volta a sfidare le mie conoscenze della Fisica. A mezzanotte siamo già nei nostri lettini, stanchi ma felici. E’ stata una giornata che sarà difficile dimenticare.

 

 

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