3 dicembre 2008: Il Montalbano
Comeana - Fonte di Elzano - Villa Ferdinanda - Artimino - San Martino in Campo- Via Arrendevole - Serra

Il Diario di Laura

Merc 3 dic. 2008

Percorso               Prato – Comeana – Elzano – Villa Ferdinanda – Artimino – Chiesa di S. Leonardo – chiesa di S. Martino - Serra

 Partecipanti          Carla, Cate, Isa, Iso, Dani, Laura, Roberto, Regina, Sandro

 Durata                   3 ore ( più o meno )

 Lunghezza            11 km e 800 metri ( parola di contapassi )

 Calorie bruciate    565 (introdotte 1200 n.d.r.)

 Alle otto da Cate. Perché così presto? Perché andiamo in Toscana, dove sicuramente farà bel tempo. Senza neanche guardare se qualcuno non ha fatto in tempo a salire e ora lo stiamo trascinando attaccato allo sportello, partiamo a razzo, perché  alle nove meno dieci dobbiamo prendere il treno a Vado. Comunque arriviamo a destinazione in anticipo, tanto che riusciamo perfino a fare colazione.
Saliti sul treno, incontriamo Isa, Dani e Roberto, che vengono da Bologna. Chiacchierando il tempo vola, ed eccoci a Prato.
Ma perché c’è la nebbia? Vabbè, è  presto, fra poco sicuramente si alzerà. Facciamo la seconda colazione, poi prendiamo l’autobus per Comeana. Usciamo dalla città  e il paesaggio è tutto ovattato dalla nebbia, e il canale che costeggiamo fuma.
Arriviamo al capolinea, usciamo dal paese, attraversiamo il ponticello sul pittoresco Rio Elzano e ci troviamo in un bosco fatato, in cui i contorni degli alberi sono morbidamente e misteriosamente sfumati dalla nebbia. – se non mi credete, andate a vedere le bellissime foto di Roberto.  Il sentiero sale per un bel po’, fino a immettersi nella strada asfaltata. Continuiamo a camminare in ordine sfrangiato, la solita Armata Brancaleone, e la nebbia ci accompagna. Ai lati, piante di olivo contorte e dall’aria perplessa, che non riescono a capire cosa sia quella cosa bianca e lattiginosa che le circonda – non sono abituate alla nebbia, ci diranno poi che qui si presenta solo due o tre volte all’anno.
 Mi telefona un’amica, le dico che sono in Toscana immersa nella nebbia. Qui c’è il sole, perché siete andati lì?, chiede  e io non so rispondere.
 Arriviamo a Villa Ferdinanda – Nanda per gli amici -, una bella villa Medicea che domina un vastissimo panorama di dolci colline – almeno così dicono. Nei giorni particolarmente tersi si vede anche il mare, almeno così dicono. E’ sede di un museo, che oggi è chiuso; ma una signorina gentile, Stefania Berutti,ci invita ad entrare e ci accompagna facendoci da guida. E’ una portatrice sana di partita IVA – così si presenta - sa un sacco di cose e sa raccontarle in modo molto interessante. Il materiale raccolto nel museo – anche se in uno stato di conservazione frammentario -  illustra la vita quotidiana dell’insediamento etrusco della zona nell’arco di tempo che va dal VII secolo avanti Cristo alla prima età imperiale : ceramiche da mensa di bucchero stampigliato, ciotole e scodelle d’argilla, laterizi, terrecotte architettoniche, elementi pavimentali,, fuseruole, rocchetti e pesi da telaio che testimoniano le attività femminili della filatura e della tessitura. Ci sono poi corredi funebri provenienti dalle necropoli vicine, e plastici che riproducono le tombe più importanti della zona. L’oggetto più prestigioso è l’incensiere di bucchero composto da cinque elementi cotti separatamente e assemblati a incastro: una navicella al centro, due coppette ai lati e un elegante piede a tromba.
 Due sale del museo ospitano un’esemplificazione della fiorente produzione di ceramiche che si sviluppò dagli ultimi decenni del 300 a Bacchereto, oggi piccolo borgo di questo comune. Un museo molto interessante.
 Intanto è passata l’una, e andiamo a cercare da mangiare. Dei tre ristoranti di Artimino uno solo, il Delfina , è aperto. Io e Cate entriamo, per vedere i prezzi.
Appena dentro, apro con aria indifferente un menu, e l’occhio mi cade su una cosa che non riesco a leggere, ma che costa 28 euro. Dico al signor Cioni, il proprietario, che purtroppo il locale non è alla nostra portata e lui prima mi bacia la mano, poi mi strapazza: dice che non bisogna guardare il prezzo ma la cucina e il frigorifero, e ci invita perentoriamente a seguirlo attraverso la cucina – uno specchio – e poi giù alla dispensa, con tutta la frutta e la verdura disposte in bell’ordine, e il frigorifero, dove a un certo punto mi viene il sospetto che voglia chiuderci, perché intanto sta facendo una gran sceneggiata alzando la voce, chiedendo se abbiamo mai visto una cosa del genere, e noi a dire no, e a chiedergli umilmente di farci sedere e darci da mangiare.
E lui a dire con voce falsamente incavolata che non ci vuole, che dobbiamo andare al ristorante Biagio. E io timidamente “ Ma è chiuso!”. “ Allora va bene, andate a sedervi”, per fortuna stava solo scherzando. E prima di farci accomodare ci mostra il menu, e qui capisco che i prezzi sono normali e, riprendendo in mano la lista che avevo consultato, mi accorgo che è quella dello champagne. Aspettiamo un attimo in piedi che preparino la tavola, e Cate dice, guardando una porzione di ribollita che sta per essere portata in tavola e che sembra un tortino “ Ma io l’ho sempre vista più brodosa!”. Non l’avesse mai detto! Come poteva non essersi accorta che quella era la vera, la sola ribollita, unica come la cupola del Brunelleschi? A questo proposito devo dire che, appena tornati a casa, abbiamo fatto ricerche sulla ribollita e abbiamo avuto la conferma che quella del sig. Cioni è quella vera. Purtroppo Anna Po, al Centro, ci ha detto che lei è assolutamente sicura che è brodosa. Io so a chi preferisco credere, ma non voglio dirvelo per non influenzarvi.
Dopo che abbiamo ordinato , il signor Cioni ci intrattiene con notizie personali, letterarie e storiche. Dice che lui è uno dei sette toscani veraci rimasti, che la Monna Lisa è stata probabilmente dipinta sulla terrazza del suo ristorante – infatti le colline che le fanno da sfondo sono quelle che si vedono di lì; che lui è l’ultimo storico vivente della zona, che sa che gli Etruschi fecero defluire le acque del lago che si stendeva fra Fiesole e Artimino, creando l’Arno. Poi cita Renato Fucini. Per essere sicuri di ricevere un trattamento di favore, diciamo al signor Cioni che siamo della Guida Michelin, ma lui non ci casca e  ci racconta che sono venuti lì due settimane fa e lui gli ha detto che o gli aggiungono un’altra stelletta, oppure che gli tolgano le due che gli avevano dato. E alla fine del pranzo noi saremo  d’accordo con lui, che tre stellette se le merita.
Mentre aspettiamo il primo, mangiamo dei crostini ottimi e brindiamo ripetutamente  dicendo, come gli Etruschi, “ Nel vino io rinasco “.
Qualcuno si mette a parlar male dei cacciatori e Roberto impugna un coltello, se lo punta sul petto e lo rigira; poi però se la prende coi falsi animalisti che mangiano maiali e galline , poveri animali, e ci comunica che aveva progettato di invitarci a mangiare la polenta col cinghiale, ma così stando le cose non lo farà. Ahimè. Poi ci descrive delle vignette di un libro di ordinaria vita di coppia che ha appena letto , con la moglie che dice “ Non mi dici mai che mi ami” e il marito “ Che ti amo, buonanotte” e poi “ Carlo, alle volte ho l’impressione che tu non mi ascolti” e lui “ Anche a te, buonanotte”. Ah, quante volte è successo anche a me! Arrivano ribollite, tortini di carciofi, pappardelle, tagliatelle di castagne condite con ricotta e pinoli, tutti ottimi e finiamo con un fritto di verdure che, se non lo avessi già detto, direi che è fatto della stessa materia di cui sono fatti i sogni. Ma questa citazione Shakespeariana l’ho già fatta e non voglio ripetermi. Quando arriva il primo, chiediamo il parmigiano e ce lo vengono a grattugiare nel piatto. Poi ci facciamo portare  il sale, e quando chiediamo della grappa da mettere nel caffè, ci portano il caffè con la grappa già dentro. Mi meraviglio che ci abbiano lasciato il sale, dice Isa. Alla fine saremo ben contenti di pagare 20 euro, abbiamo mangiato benissimo e se andiamo avanti così dovremo ribattezzarci “ Cammina e mangia bene “. Usciamo e sulla terrazza mi faccio fotografare imitando il sorriso melenso della Gioconda, sullo sfondo della nebbia che, si dice, nasconde le colline circostanti. “ Cosa facciamo adesso? Andiamo a letto?” chiede Sandro con gli occhi avvinazzati. Facciamolo pure, peggio per i nostri due maschi, che gli toccano tre donne e mezzo a testa.
 Ci avviamo verso la chiesa di S. Leonardo, prendendo per la Via Arrendevole, che è abbastanza trafficata. Da che parte dobbiamo stare, sul lato destro e quello sinistro?Dipende se vogliamo essere investiti da davanti o da dietro, dice Dani.
 Sandro sta davanti, a tubare con la sua navigatrice. A un certo punto prendiamo la deviazione sbagliata , lui ci chiama: “Di qua, belle gnocche!” e Roberto si risente perché dice che a lui bella gnocca non glielo ha mai detto nessuno.
 Dopo S. Leonardo, una bella costruzione romanica con uno splendido complesso di absidi, arriviamo a S. Martino, una chiesa sulla cui facciata i colori sono stati messi un pò a caso, poi decidiamo di tornare indietro, perché Sandro non sa bene dove porterebbe la strada che abbiamo imboccato. Finisce la Via Arrendevole e Carla sbotta : “ E finita, cazzo! “.
Andiamo verso Serra, dove prenderemo l’autobus che ci porterà alla stazione in tempo per  il treno delle cinque e mezzo. Ma ben presto ci rendiamo conto che non ce la faremo a prendere quel treno. Intanto la nebbia comincia ad imbrunire. Affrettiamo il passo, ma anche la notte lo affretta e quando arriviamo a Serra  per prendere l’autobus, è praticamente buio. L’autobus passerà fra un’ora, è meglio andare a piedi? Decidiamo invece di aspettare ed entriamo nel bar dove  ci rifocilliamo, facciamo la spesa, ci scaldiamo e finalmente alle cinque e mezza arriva la corriera, dove mi addormento appena salita. Mi diranno poi che è stata una fortuna che abbiamo deciso di aspettare l’autobus, altrimenti alla stazione di Prato ci saremmo arrivati spiaccicati sulla parte anteriore dell’automezzo, perché l’autista guidava come un matto e non ci avrebbe risparmiato. Il treno parte alle sette, e saremo a Bologna alle otto. Nonostante la nebbia – o forse anche per il suo effetto estraniante - oggi è stata una giornata a quatto stelle.  Se va avanti così, il giorno del Giudizio Universale, come dice il signor Cioni citando Fucini, per noi sarà un giorno comune.