11-12 Febbraio 2015 - La Spezia
1° giorno: Cinque terre.
Trekking Vernazza - Monterosso ore 2:50
2° giorno. Portovenere:
trekking Le Grazie - Portovenere ore 1.45

SLIDESHOW

1° GIORNO

2° GIORNO

IL DIARIO DI LAURA

Mercoledì 11 2015

Destinazione Cinque terre e Porto Venere

Partecipanti Sandro, Patti, Laura, Giovanna, Danila, Pino, Carla, Ulli, Titti

Durata delle passeggiate non pervenuta

Tempo atmosferico splendidissimo

Alle 4.45 mi sveglia il gallo, tutto incazzato perché con sta storia che mi deve svegliare sempre ad ore antelucane, non riesce mai a farsi una bella dormita. In stazione alle sei. Mentre saliamo sul treno il sole sta sorgendo, e sembra una moneta incandescente da due euro. Usciti dall’abitato di Modena, ci troviamo nella taiga, un paesaggio piatto coperto a perdita d’occhio dalla neve rosata dall’alba, e punteggiato da una scarsa vegetazione. Ci viene in mente il Dottor Zivago, e ci mettiamo a cantare il tema di Lara. Poi ci mettiamo a chiacchierare animatamente di cose effimere. Il cielo è azzurro, è una gran bella giornata. Titti ci dice che nel suo paese natale lo stemma mostra una capra che balza al di sopra di un fuoco. Ma qualcosa deve essere andato storto, perché il paese si chiama Capracotta. Giovanna ci legge poesie di Tonino Guerra, che lei ha copiato nel Giardino dei frutti dimenticati di Pennabilli. Bellissime le descrizioni dei mesi: “Gennaio, coi rumori che lasciano impronte sulla neve; Febbraio, coi colori dei vestiti che ballano; Marzo, coi fiori dei mandorli per le api affamate; Aprile, con tutta la fantasia che ha sonno; Maggio, coi petali di rosa che ridono; Giugno, coi piedi scalzi a toccare l’acqua; Luglio, col solo rovente caduto a terra; Agosto, col mare dentro gli occhi; Settembre, con la musica della pioggia negli orecchi; Ottobre, coi tappeti di foglie secche sotto i piedi; Novembre, con le sciarpe di nebbia attorno al collo; Dicembre, con le parole delle favole sul fuoco”. Saranno belle !!! A Parma si cambia e al bar della stazione facciamo una colazione sontuosa con paste che grondano crema ( perlomeno io ), poi prendiamo il treno per Genova. Dopo una lunga galleria, ecco gli Urali, spruzzati un po’ di neve. Adesso mancano solo il Volga e l’Ob ( fiume caro a noi appassionati della Settimana enigmistica, che ce lo ritroviamo sempre nelle parole crociate ). Ah, eccoli lì, che avanzano pigramente nella campagna innevata. E quando Carla parla di lupini mi allarmo un po’, in preda alla sindrome della taiga, finchè non mi fanno notare che quelli di cui bisogna aver paura sono i lupacchiotti,non i lupini. Solo quando riconosciamo le Alpi Apuane la nostra convinzione di essere in Russia comincia a vacillare. Dapprima c’è il sole, poi passiamo un breve tratto di nebbia, che ci avvolgiamo al collo come una sciarpa seguendo il suggerimento di Tonino Guerra. Poi ancora sole, mimose in fiore e alberi luminosi carichi d’arance. Alle 10 siamo a La Spezia. L’albergo non è vicino, ma sopra la stazione. Le camere per fortuna sono insonorizzate, quindi non verremo disturbati dal passaggio dei treni; sono belle, bianche e pulite e costano solo 30 euro a testa colazione compresa, ma Sandro dice che per contratto dobbiamo fare i capostazione con turni di due ore. Chiediamo se c’è il tubo che dal primo piano porta direttamente dentro il treno, come negli aeroporti, ma ci dicono di no. Sistemiamo il bagaglio in camera poi andiamo un po’ in giro per la città, che è graziosa e a misura d’uomo. Il cielo è terso , il sole sfolgorante e l’aria tiepida – siamo sui 15°.Alle 11.10 prendiamo il treno per Vernazza. Scendiamo e attraversiamo il paese, che è tutto un cantiere per le ristrutturazioni dopo il disastro di due anni fa. Non si vedono turisti, che bello! Ma tutti i negozi sono chiusi, ahimè. Visitiamo LA CHIESA di Santa Margherita di Antiochia,, che risale al XIII secolo. E’ romanica, bella e severa. L’interno è spoglio e suggestivo, di color grigio scuro, con un bel fonte battesimale e un organo sorprendentemente semicircolare. Gli amici partono per la passeggiata. Prima di andarsene Sandro dice a me e Gio che se troviamo da far bene, lui poi dice a Patti che ci siamo perse. Mentre gli altri partono Io e Gio ci prendiamo due panini alla Coop, poi andiamo a mangiarceli sedute su una panchina suil mare. Stiamo lì un bel po’ ad allucertolarci e a chiacchierare, poi prendiamo il treno per Monterosso. Arrivate lì scendiamo la scalinata che porta sul lungomare – non ci devono essere molte stazioni al mondo che si trovano al primo piano. Ci sediamo su una panchina davanti a un mare liscio e trasparente e ci rallegriamo moltissimo di essere qui. Intanto…..

Diario della passeggiata di Dani e Carla

La passeggiata inizia per una stretta scala fra due muri. Dopo la prima ce ne saranno altre duemila, ma senza muri. Incontriamo svariate coppie di anziani – tutti più giovani di noi – che ci salutano dicendo “ puonciorno “. Ci sono distese di acetosella gigante fiorita, di cui abbiamo succhiato i gambi ( che sanno di aceto ). Incontriamo uno splendido gatto bianco seduto maestosamente su un pilone. Lo guardiamo, ci guarda, scende, si fa le unghie poi ci viene dietro per un chilometro. Passiamo un ponticello a schiena d’asino poi incontriamo ruscelli canterini pieni d’acqua ( uno lo abbiamo gua(r)dato ). A ogni tornante cambia la prospettiva, con scorci magnifici. Attorno a noi erica, ginestre, euforbie, molte agavi , molto aloe e perfino un mandorlo in fiore per le api affamate. Piccola sosta per fare uno spuntino in zona panoramica. Lì vicino c’è un’area attrezzata con tavoli, panche e un bidone con cibo per gatti a gettone. Nei pressi ci sono due gatti pasciuti ma con l’aria mogia – dev’essere vero che i croccantini più scadenti gli fanno male ai reni. Riprendiamo a camminare e dopo due ore e mezzo ci voltiamo indietro e vediamo un cartello che dice: Vernazza 1 ora. L’ultima parte della discesa è tutta a gradini.

Dopo un periodo di tempo ragionevole Io e Gio telefoniamo agli amici, sentiamo che stanno arrivando e quindi ci avviamo verso il paese, dove li incontriamo. In riva al mare chi si siede sulla sabbia e chi si stende al sole. Patti, che vuole fare lo sborone, si toglie scarpe e calzini e va con i piedi in acqua, ma nessuno lo fuma. Andiamo alla vana ricerca della farinata – in un negozio chiederò con aria sarcastica in che regione bisogna cercarla. Non ce l’ha nessuno. Alla fine ci arrendiamo ed entriamo in un bar a mangiare delle focacce. Quando usciamo il mare è tutta una lastra di argento azzurro chiaro con striature d’argento grigio, bellissimo. Sul treno ci aspetta un tramonto spettacolare: il sole – anzi ce ne sono due, uno con la scia, l’altro no, fenomeno dovuto al vetro del finestrino – si inabissa nel mare senza nascondersi nella solita striscia di smog, mentre il cielo si fa di un rosa tenue. Torniamo in albergo – siamo tutti casa e stazione, dice Titti – e alle 7.20 ci ritroviamo per andare all’inferno pardon, all’Inferno con la maiuscola, un ristorante consigliatoci dall’albergatore dove mangiamo piatti tipici quasi tutti ottimi ( non chiedete informazioni al mio fegato, però ) al modico prezzo di 16 euro a testa. Usciti dal ristorante Sandro, Gio e Ulli vanno a fare una passeggiata al porto, mentre gli altri tornano in albergo. Abbiamo in mente di andare a giocare a carte, ma a Sandro diciamo che andiamo a fare un’orgia, perché se sa che andiamo a fare un burraco si arrabbia. A letto alle 11.30.

Giovedì 12 febbraio ’15

Sveglia a piacere. Colazione – compresa nel prezzo - a un bar a due minuti dall’albergo. Alle nove ci ritroviamo e raggiungiamo il porto a piedi attraversando la città. Il porto è affollato di barche a vela e la selva dei loro alberi, se non fosse che si specchiano nell’acqua, farebbero pensare alla battaglia di Anghiari di Paolo Uccello. Il cielo, di un delicato color azzurro, senza neanche una nuvola, si specchia in un mare altrettanto azzurro e delicato. Prendiamo l’autobus e andiamo a Le Grazie, un paesino molto grazioso sul mare dove io e Gio salutiamo i nostri amici che andranno a Porto Venere a piedi. Noi invece prendiamo l’autobus che nel percorso ci offre scorci bellissimi della costa. E intanto ……..

Diario di Dani e Carla

Prendiamo la strada del cimitero, tanto stretta che dobbiamo entrarci per lasciar passare l’unica macchina che scende. Alla fine della salita prendiamo sulla destra per la via degli scavi che porta alla villa romana, che però è chiusa per restauri. Altre scale poi attraversiamo la strada ed entriamo nel bosco per un sentiero che porta alla chiesetta di S. Antonio abate. E’ ripido , però è sempre meglio dei gradini. Dani racconta di quello che stava cadendo da un dirupo e si rivolge a S. Antonio perché l’aiuti. Improvvisamente la caduta si arresta ma una voce chiede: “ Quale S. Antonio? “ e lui “ Abate “ e l’altro “ Io sono quello da Padova” e lo lascia rotolare giù. Carla approfitta per rivolgersi a quest’ultimo santo, che si dice faccia trovare le cose smarrite, perché ha perso i guanti. Siccome però non li ha ritrovati, evidentemente anche lei ha sbagliato santo. La passeggiata continua sempre nel bosco fino all’apice quando improvvisamente c’è uno slargo da cui si gode una vista stupenda. Vorremmo tutti restare ad assaporare la bellezza del paesaggio, ma Sandro è già lì che sta telefonando a Laura, ansioso di recuperare le due pecorelle smarrite e prende accordi per riunirci al più presto. Intanto Dani e Pino , che stanno cercando un’isola da acquistare, hanno trovato uno scoglio in mezzo al mare che contiene solo una casa, ma Carla si oppone all’acquisto perché non c’è spazio per il trekking. Ci buttiamo in una discesa vertiginosa, con scorci sempre più suggestivi. Ci accompagnano dotte disquisizioni sul genio inteso come entità, elucubrazioni fra Patti e Pino che erano già cominciate a Palermo. E, potenza del genio, la prima cosa che vediamo entrando in paese è l’hotel Genio! Ghigno soddisfatto di Pino, che vede confermate le sue tesi sulle potenzialità nascoste della mente umana. Arriviamo sotto il ristorante Elettra e vediamo le due pecorelle che, invece di brucare, si stanno spolpando un piatto di pesce e ,nonostante le finestre siano aperte, sono così intente che ci vogliono dieci minuti per attirare la loro attenzione.

Intanto io e Gio siamo arrivate a Porto Venere, con le sue case dai colori delicati che abbracciano il piccolo porto con effetto molto scenografico. Ci indicano il ristorante Elettra come quello dove si mangia il fritto migliore della zona. Ci andiamo e ci sediamo in una veranda sopraelevata con vista mozzafiato sul mare . Mentre aspettiamo che ci servano, Gio mi legge altre frasi di Tonino Guerra, tutte molto belle :

C’è chi non sa dove andare e sta correndo per andarci subito / Spesso l’orizzonte è alle nostre spalle / Gli uomini ricchi riescono a trasformare i cammelli in gomitoli di filo e così possono entrare nella cruna dell’ago / La luna è l’unico astro che nasce dietro le montagne e tramonta dentro di noi / E’ bello se puoi arrivare a un posto dove trovi te stesso.

Arrivano le nostre ordinazioni, e io e Gio ci dividiamo una montagna di pesce fritto sublime. Intanto ecco gli amici, che si siedono al sole a fare il picnic. Li raggiungiamo poi andiamo tutti insieme a prendere il caffè al bar della piazzetta dell’hotel Genio. Saliamo poi per una stradina stretta e suggestiva, con appese delle targhe con poesie di Montale e Byron. Raggiungiamo la chiesa di S. Pietro, un gioiello romanico a strisce orizzontali bianche e grigie, con un interno di una linearità che incanta. Una breve scalinata porta a una loggia che offre bellissimi scorci sul mare, il tutto allietato da un arpista che suona belle melodie anche a richiesta. Poi io ritorno nella piazzetta, mentre tutti gli altri vanno a visitare la chiesa di S. Lorenzo.

Diario di Patti

Quella di S: Lorenzo è una chiesa medievale rivestita nel seicento di stucchi barocchi. Nel Novecento è stata restaurata e riportata allo stato originario e di barocco resta soltanto l’altar maggiore, bello. L’interno è spoglio. Nell’abside della navata destra c’è l’immagine della Madonna bianca, inserita in un bell’altare rinascimentale con pregevoli bassorilievi. Si dice che un parroco, sconfortato per lo scarso afflusso dei fedeli e per il paganesimo di parte della popolazione, una sera si mise a pregare la Madonna. Aveva accanto una pergamena con una immagine della Vergine tutta annerita dal tempo. Mentre pregava si accorse che la pergamena andava via via ripulendosi, facendo comparire l’immagine di una Madonna bianca.“ Miracolo!“, gridò e suonò le campane. Il popolo si destò, accorse, si stupì, si convertì e il giorno seguente la chiesa era gremita. Nella navata destra , appesa al muro, c’è una lunga trave scavata come se fosse un’imbarcazione. Narra la leggenda che questa trave, all’avanzata dei turchi, da Gerusalemme fu imbarcata per l’Europa con numerose reliquie sopra. Nel mezzo del Mediterraneo un violento temporale infuriò e travolse la nave, che naufragò. Ma la trave con le sue reliquie venne miracolosamente trasportata dalle correnti fino a Porto Venere. Finita la visita della chiesa, continuando a salire c’è il castello dei Doria da cui si ha una bellissima vista sul golfo. Però è chiuso.

Riprendiamo l’autobus per La Spezia e arrivati in città, mentre ci dirigiamo verso la stazione – Miracolo! – trovo finalmente la farinata. Alle sei prendiamo il treno per Bologna. Durante il tragitto ci dedichiamo ad attività varie, fra cui la stesura del diario della vacanza in dieci parole. Eccolo: “ Due giornate bellissime, sole splendente, panorami mozzafiato e ottima compagnia “. Valeva la pena di sprecare tanto tempo e tanta carta virtuale per scrivere questo che avete appena letto?