Catania 18 – 19 gennaio 2017

 

Destinazione : Catania, la Milano del sud

Partecipanti   : Alba, Anna Po, Angela, Camilla, Carla, Cate, Dani, Donatella,  Gio, Giorgio, Giulio,

                        Isa, Isora, Laura, Lucia, Mariella, Maurizia, Miriam, Patti, Pino, Sandro, Titti

Durata             34 ore, durante le quali siamo riusciti a fare un numero incredibile di cose –

                        purtroppo non l’ascensione dell’Etna con le ciaspole, caldeggiata  da me

E’ una bella giornata, ma gelida e in cielo splende un sole di ghiaccio. Alle 11.30 io, Patti, Angela , Isora e Giulio arriviamo in aeroporto, che ci appare quasi deserto . Ma poco dopo si anima e si riempie e trabocca, perché arrivano tutti quelli del nostro gruppo . Infatti siamo ventidue. Dopo le normali procedure prendiamo l’autobus . Scendiamo e quando siamo a metà della scaletta per salire sull’aereo, la fila si blocca e rimaniamo lì fermi per un bel po’. Tira un vento che pela i nervi e congela nell’ordine le vie aeree e il cervello. Ma poi la situazione si sblocca e riusciamo a rifugiarci nell’aereo.

 Partiamo all’una e venti e arriveremo alle due e quaranta. Un viaggio senza storia. Poco prima di arrivare appare l’Etna tutto innevato, bellissimo, pare il Fujiama. Atterraggio perfetto ma niente applausi: evidentemente il popolo della Ryanair si è fatto furbo e ha capito che non è che ti fanno schiantare a terra perché hai pagato poco e quindi devi festeggiare se arrivi vivo . A terra ci aspetta un clima dolce e un cielo quasi sereno. Sandro ci aveva detto che nel pomeriggio avrebbe probabilmente piovuto, ma la perturbazione è già passata, lasciando delle pozze d’acqua in terra. Una bella fortuna. Una fortuna che ci accompagnerà per tutto il viaggio e ci risparmierà anche il violento nubifragio che ha colpito la città due giorni dopo il nostro ritorno,  per cui  sono state perfino chiuse le scuole. Lassù qualcuno ci ama.

Usciti dall’aeroporto, prendiamo l’autobus di linea  e passiamo a depositare i bagagli. Siamo suddivisi fra l’hotel Catania Town, la dèpendance girato l’angolo ( dove siamo io, Patti, Pino e Dani) , mentre le stanze singole si trovano in due bed and breakfast lì vicino. Tutte buone sistemazioni.

Alle cinque partiamo per la visita della città. Prendiamo la via Etnea e ci fermiamo  alla Chiesa dei Minoriti a cui si accede da una scala a tenaglia – può anche darsi che il termine non sia quello giusto. E’ un particolare originale, come pure la posizione dell’organo dietro l’altar maggiore, però la chiesa è piuttosto brutta. Percorriamo la via Etnea, che è la principale arteria cittadina, luogo di passeggio e ritrovo dei catanesi. E’ una strada rettilinea in lieve pendio, con l’Etna sullo sfondo che crea una bellissima prospettiva. Quasi al suo inizio  c’è la piazza dell’Università, tutta circondata di edifici settecenteschi (di Vaccarini, un architetto molto famoso qui ) , che compongono un insieme elegante e armonioso. Il Palazzo dell’Università ha un cortile in bianco e nero molto bello.

Mentre il crepuscolo avanza, la luce scema e si accendono le luci creando un effetto magico, raggiungiamo la piazza del Duomo, che è il centro della città. In mezzo c’è la Fontana dell’elefante del solito Vaccarini – ma l’elefante e l’obelisco sono antichi. La movimentata massa del duomo con il suo recinto di marmo crea  un vivace scenario architettonico. Il duomo fu costruito dall’ XI al XIII secolo e venne rifatto dopo il terremoto del 1693. La facciata a due ordini di colonne ( quelle dell’ordine inferiore sono antiche ) è opera di Vaccarini. Della costruzione medievale rimangono  il transetto e tre absidi che presentano la struttura dell’originaria costruzione normanna. Al secondo pilastro a destra c’è la tomba di Vincenzo Bellini, che si raccomanda ai posteri per l’invenzione dell’omonimo aperitivo.              L’abside destra è occupata dalla Cappella di S:Agata ( la patrona della città ),chiusa da una bella cancellata di ferro battuto. Sotto la facciata del Duomo sotto il Seminario e sotto la piazza si trovano alcuni ambienti delle Terme Achillee, che avremo la fortuna di visitare domani. 

Oltrepassiamo la bella Fontana di Amenate e raggiungiamo il Castello Ursino, una grandiosa mole quadrata con torri cilindriche agli angoli e da altre minori al centro dei lati, circondata da un fossato. Fu fatto costruire da Federico II di Svevia nella prima metà dei Duecento, rimaneggiato nel Cinquecento , in parte distrutto dalla lava e poi restaurato. Ospita il Museo civico ( che solo pochi di noi hanno fatto in tempo a vedere ) e la mostra temporanea “ Museo della follia “ organizzata da Sgarbi , che nella presentazione dice che si tratta di “ Un repertorio senza proclami, senza manifesti, senza denunce. Uomini e donne come noi, sfortunati, umiliati, isolati. E ancora vivi nella incredula disperazione dei loro sguardi. Condannati senza colpa, incriminati senza reati per il solo destino di essere diversi, cioè individui. Nella storia dell’arte molti sono gli artisti la cui mente è attraversata dal turbamento, che si esprimono in una lingua visionaria, allucinata. Ognuno di loro ha una storia, una dimensione che non si misura con la realtà, ma con il sogno. E quel sogno, con piena soddisfazione, oltre ogni tormento, rappresenta “. Quando Sgarbi parla così mi viene voglia di perdonargli le sue apparizioni televisive con la bava alla bocca. Nella sezione con le sculture di Cesare Inzerillo , pazienti, dottori e infermieri sono ridotti a mummie, uniti dalla  lotta improba contro la sofferenza e la morte. Nella sezione “ La griglia “ , 90 ritratti di pazienti ritrovati nelle diverse cartelle cliniche negli ex manicomi italiani compongono una striscia di oltre dodici metri. Nella Sala dei ricordi decine di teche contengono libri di letteratura in lingua originale, che hanno trattato il tema della follia nel corso dei secoli, farmaci ritrovati nei manicomi, effetti personali dei pazienti. C’è poi una bella intervista a  Franco Basaglia e un video molto toccante su Ligabue  di cui ricordo con una particolare stretta al cuore i riti propiziatori che faceva quando non riusciva a fare un quadro come voleva lui e la ripetuta richiesta a una donna che gli desse un bacio. Una sezione è costituita da una grande mostra antologica che presenta 71 dipinti – dai colori tanto più allegri quanto più lui era disperato - 4 disegni e 12 sculture di Ligabue – molto emozionanti – e 26 opere di Pietro Ghizzardi, distribuiti in sale che contengono anche diversi reperti archeologici. Purtroppo alle sette il museo ha chiuso, se no sarei stata lì ancora per ore. Uscendo chiedo a Pino se la mostra lo ha rattristato. No, dice lui, io ho guardato solo i reperti archeologici.

Alle otto siamo alla trattoria del Cavaliere , dove Sandro ha prenotato il menu di pesce e dove per 25 euro mangeremo una gran quantità di antipasti sublimi e buoni primi e secondi. Usciti dal ristorante, quasi tutti tornano in albergo. Io e Patti invece andiamo a giocare a burraco  nel bed and breakfast di Carla e Maurizia. Perdiamo, ma questo non sarà il problema della serata. Infatti a mezzanotte salutiamo e facciamo per andarcene. Ma abbasso la maniglia e la porta non si apre. Chiamiamo Carla, proviamo con la sua chiave, ma non funziona. Anche quella di Maurizia non apre. Arriva anche Donatella, che non dorme mai, ma anche la sua chiave non funziona. E adesso?  Cosa si fa quando ci sono dei problemi? Si chiama Sandro, anche se si è appena addormentato. Lui arriva e ammette di essere stato lui a chiudere  la porta prima di andare a letto. Ma non riesce ad aprire. Telefoniamo al proprietario, che dice che sta giocando a calcio ( all’una? ) . Fa la doccia e poi arriva. Dopo mezz’ora non è ancora arrivato. Ma quant’era sporco? Carla si dichiara prigioniera politica, ma la situazione non cambia. Allora, nell’attesa, rievochiamo la sera dell’arrivo a Bordeaux e ridiamo molto, e facciamo casino. Ma Camilla , che è l’altra che dorme qui, non si sveglia. Teniamo gli occhi fissi sulle quattro telecamere, controllando il traffico sottostante, ma non arriva nessuno. Finalmente ecco il proprietario, con un amico, ma non riescono ad aprire. Allora , con grande sprezzo del pericolo, passano sulla tettoia di lamiera del ristorante di sotto ed entrano dalla finestra. Ma non riescono ad aprire, quindi devono smontare la serratura. All’una e mezzo io e Patti siamo liberi, e torniamo in albergo. Durante il tragitto , mi balena  in mente: E se non si apre neanche la nostra porta? E infatti. Arriviamo, Patti prova una delle due chiavi che abbiamo, prova l’altra ma la porta non si apre. Andiamo nella sede principale, ma non c’è nessuno. Cosa si fa in casi del genere? Si chiama Sandro, sperando che non si sia ancora riaddormentato. E gli spieghiamo la situazione. Ma poi mi viene un flash e proviamo con la scheda che ci hanno dato, e funziona. Alle due siamo a letto. Patti si addormenta subito, io mi rigirerò nel letto fino alle tre.

 

 

19 gennaio

 

Mi sono appena addormentata che è già ora di svegliarsi. Facciamo colazione poi andiamo un po’ in giro per la città. Arriviamo ai piedi della scalinata del Palazzo Moncada  Biscari  e ci disponiamo per fare fotografie di gruppo. Ed ecco che si materializza il Principe, informato ieri sera del nostro arrivo da un’amica di Camilla che è anche amica sua di lui. Con disponibilità e cortesia principesca  ci accompagna a visitare il  Palazzo – privilegio raro perchè non è aperto al pubblico e poi vederlo con una guida così ! Raffinato, intelligente, con un gran senso dell’umorismo, di bell’aspetto, pieno di charme, stile, gentilezza, sprezzo del denaro, non se ne vedeva uno così dai tempi del principe di Salina ( spero di non aver dimenticato nessun aggettivo ). Non c’è una di noi che non ci abbia fatto un pensierino ( forse anche qualcuno dei maschi, dice una che non nomino ). Il palazzo è bello e arredato in modo raffinato, come si vede dalle foto in cui fa da sfondo ai primi piani del principe.. Alle pareti ci sono tutti i ritratti degli antenati, in genere brutti. Da dove sarà venuto fuori il principe, che è così belloccio? Non vorrei che ci sia stata una qualche contaminazione con sangue rosso. Ci viene raccontata la storia  dei personaggi dei ritratti, una più interessante dell’altra. C’è quella del principe che aveva sposato una cugina, che gli assomigliava molto: si distinguevano solo per la barba, solo che la portava lei. Poi quella del principe a cui la moglie aveva fatto soffocare l’amante approfittando del fatto che lui era in viaggio, e che al ritorno non aveva più parlato , comunicando solo attraverso pizzini, dando così inizio ad una simpatica consuetudine siciliana. Poi quello che, ritornando da un viaggio, si era reso conto che avrebbe dovuto rivedere la moglie, e preferì farsi venire un colpo. E poi quello che si stabilì per un po’ a Firenze – ma dovette poi allontanarsene per la subdola assonanza del suo cognome con quello che sapete. Comunque deve aver avuto tempo di combinare qualcosa, perchè Renzi gli assomiglia. E poi c’è il ritratto di una principessa, bucato da una palla da tennis, perché durante l’ultima guerra  il palazzo era diventato il quartier generale degli Alleati, che dentro ci giocavano. Mi sono dimenticata qualcosa? Spero di no. Finita la visita, lo ringraziamo calorosamente e lui, dopo aver accennato molto alla lontana all’eventualità che potessimo fare una donazione, indica una cassetta in cui mettere il denaro – che naturalmente lui non toccherà.

 La prossima meta è stata la chiesa della Badia di S.Agata, una bella chiesa settecentesca con una facciata originale e una vasta cupola. Poi visitiamo il Duomo con un po’ più di calma di ieri. Passiamo poi dal mercato del pesce, dove incontriamo Bevilacqua, con la troupe di Sereno variabile. Ci chiede perché siamo venuti qui. Camilla dà delle motivazioni alte, ma Sandro dice brutalmente che è perché c’è la Ryanair che parte da Bologna.  Intanto ci riprendono, e chissà che non ci si veda in televisione, che anche noi abbiamo bisogno del nostro quarto d’ora di celebrità. Ci dirigiamo poi al monastero benedettino dove Sandro ha prenotato una visita guidata per mezzogiorno. La guida è giovane, colto e pieno di fervore e ci illustrerà ogni più piccolo anfratto del monumento, tanto che alle due ce ne andremo a mangiare barcollando per la stanchezza. Fra l’altro ci racconterà le disavventure di S.Agata che, concupita da un potente romano, gli resistette fino al martirio: le vennero tagliati i seni, che poi le ricrebbero per intervento di S.Pietro – ma sarà vero? – e finì bruciata . Il monastero, gioiello del tardo barocco siciliano ed esempio di integrazione tra le epoche, è indicato dall’Unesco nella lista del Patrimonio dell’umanità. L’ex plesso monastico, per oltre un secolo compromesso dagli usi civili ( ha ospitato l’Osservatorio astronomico,   diversi istituti scolastici e una caserma ) dal 1977 è sede universitaria. Al rigore neoclassico dei corpi architettonici settecenteschi si contrappone il carnevale tardo – barocco dei prospetti principali e l’eclettico Caffeaus del chiostro di Levante, fino alla scoperta, nei sotterranei cinquecenteschi, di mosaici dei nuclei abitativi romani perfettamente integrati grazie a contemporanee strutture sospese.

La cosa che più mi ha colpito è la chiesa di  S: Nicolò l’Arena, dal prospetto incompiuto. Progettata dopo l’eruzione del 1669, è la chiesa più grande della Sicilia. Fu progettata da un discepolo del Bernini. Elementi di pregio sono la meridiana tracciata sul transetto, la grande cupola alta 62 metri e il coro ligneo. Molto interessante l’organo, la cui costruzione durò 12 anni. Costituito da 2916 canne, 5 ordini di tastiera, 72 registri e alimentato da sei mantici, riproduce diversi strumenti musicali, perfino la voce umana. Sull’altar maggiore l’affaccio con gelosia consentiva ai monaci infermi di assistere alla messa. Se invece stavano bene di salute, andavano a trovare le loro amanti che stavano  dall’altra parte della strada. Perché pare che in convento non ci si andasse quasi mai per vocazione, ma per la necessità di mantenere intatto il patrimonio della famiglia, cosicchè i cadetti erano destinati alla Chiesa. Il cortile nord-ovest del monastero è contraddistinto dalla presenza del banco lavico, risultato dell’eruzione del 1669. ( A questo proposito va ricordato che l’avanzata della lava fu fermata sventolandole davanti il velo rosso di S:Agata. E pazienza se non ci volete credere ).Il chiostro di levante è caratterizzato dalla Caffeaus in stile eclettico, che ha un  ricco giardino ed è stato costruito dal 1702. Il chiostro di ponente, definito anche Chiostro dei marmi,  è il più antico ed è caratterizzato dalla fontana in marmo bianco nel centro. Il coro di notte , oggi utilizzato come sala convegni; era la cappella destinata alle preghiere notturne ( alcuni frati pagavano altri perché prendessero il loro posto) . Il giardino pensile era destinato allo svago dei novizi ed è ricavato sul banco lavico del 1669. Dallo scalone monumentale, decorato da stucchi  neoclassici e ispirato agli ingressi dei palazzi reali,usciamo all’aperto. Ringraziamo calorosamente la nostra guida – e  la mia buona stella, che se la  visita durava cinque minuti di più mi abbattevo al suolo stremata.

Andiamo a sederci al ristorante Savia ( di fronte ai giardini Bellini ), parte nei tavolini  esterni, parte all’interno. Ci mangiamo delle specie di panzerotti, buoni, e finiamo con un dolce – no, non una tetta di S.Agata, che mi fa impressione.

Intanto si sta facendo tardi e un gruppetto corre a prendere l’autobus per Aci Trezza . Per il diario dovete contattare uno di questo gruppo, per esempio Giovanna..

La maggioranza invece resta, perché c’è ancora tanto da vedere a Catania. Andiamo prima ai giardini Bellini – macché  bellini, sono belli! Sono un vasto giardino pubblico con vari esemplari di araucarie, frequentato ritrovo cittadino. Da due collinette si gode una bella vista sulla città.  Visitiamo poi la chiesa del Santo carcere, sorta sul carcere romano in cui  fu rinchiusa s. Agata. Ha un ricco portale duecentesco proveniente dall’antico duomo  e conserva la struttura medievale nel presbiterio. Percorriamo poi la via dei Crociferi, una delle più monumentali della città, fiancheggiata da sontuose chiese barocche settecentesche. Alcuni di noi visiteranno poi il museo del Duomo – io e Patti no, ci siamo attardati non so dove – e ci ritroviamo tutti sulla terrazza da cui si gode una vista mozzafiato della città dove sta scendendo la notte e si stanno accendendo le luci. All’uscita la signora ucraina della biglietteria ci accompagna, bontà sua,  a visitare le Terme Achillee, d’epoca romana, molto suggestive.

Alle sei e mezzo siamo da Prestipino per un’apericena – dio come odio questa parola!- Lì ci raggiunge il gruppo di Aci Trezza e festeggiamo il compleanno di Lucia cantando, fra l’altro, che lontan da lei quanta malinconia. A lei negli occhi brillano solo due lacrimucce, le si sta indurendo il carattere, in passato si commuoveva molto di più. Mangiamo un bel po’ di “ scacciata “, con ripieni vari, beviamo vino frizzante e siamo molto contenti.

Poi passiamo dall’albergo a ritirare i bagagli e prendiamo al volo  l’autobus per l’aeroporto. Partenza alle dieci e venti e arrivo a Bologna a mezzanotte dopo un volo senza storia, E’ stata una bellissima vacanza. Avessimo avuto due ore in più, potevamo salire sull’Etna con le ciaspole.

 

 

Invito tutti i partecipanti, soprattutto Sandro e Titti, ad apportare correzioni se ho fatto degli errori e ad aggiungere cose che ho dimenticato. Finito il diario, l’ho riletto e mi sono resa conto che , data la lunghezza, pare che il topolino abbia partorito la montagna