MADRID  8-14 APRILE 2017

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DIARIO DI LAURA                                                      

Sabato 8 Aprile

 Partecipanti : Alberto,  Angela, Cate, Cleo, Giulio, Iso, Laura, Patrizia, Patti, Sandro, Vito

 In aeroporto alle 15.30. Mentre siamo lì che aspettiamo di imbarcarci, incontriamo Francesca, la figlia di Anna Modestino. Sta andando a Madrid con delle amiche per festeggiare i loro quarant’anni e viaggeranno sul nostro stesso aereo. Noi invece – diciamo – andiamo a festeggiare i nostri ottant’anni, ma siccome non siamo sicuri di arrivarci, abbiamo pensato di metterci avanti. Saliamo in aereo e la maggior parte del nostro gruppo è alla fila 33. Che bello, saremo i primi a scendere!  E invece quando atterriamo chiuderanno le porte posteriori e scenderemo per ultimi.  Dall’altoparlante cominciano a fare le più svariate comunicazioni. Alberto mi chiede di tradurre, se no cosa ci sto a fare al mondo. Ma io non riesco a dare un significato alla mia vita, perché non capisco neanche l’italiano. Partiamo alle 17, con mezz’ora di ritardo ma arriveremo in perfetto orario, alle 19.30 ( La Spagna non è nel nostro stesso fuso , ma l’orario è lo stesso . Patti dice che questo risale all’ultima guerra mondiale, quando Franco era alleato della Germania, che glielo aveva imposto ). Per la  prima volta in vita mia non sono sull’ala, e mi posso godere il paesaggio. Quando arriviamo sopra la Spagna, passiamo chilometri e chilometri di zone disabitate, comunque belle. Sbarchiamo e troviamo subito il pulmino, prenotatoci provvidenzialmente dal Calari Tour,che ci porta a due passi dal nostro albergo, che si trova in una zona pedonale. L’ hotel Jerez  è un edificio molto elegante dell’ inizio del secolo scorso che di notte, con le luci, è molto suggestivo.. E’ stato recentemente restaurato ed è pulito. Le stanze sono un po’ piccole  e il letto è a una piazza e mezzo, ma siccome ci vogliamo bene non ci dispiace. Il prezzo è contenuto ( 75 euro ), Sandro dice che non c’è niente a meno in una posizione così centrale..Si trova nella Gran Via, un viale maestoso fiancheggiato da imponenti facciate in stile belle èpoque, che corre attraverso il centro della città. La Gran Via, inaugurata nel 1910, ha comportato la demolizione di interi quartieri – a lavori ultimati erano sparite 14 strade e moltissime abitazioni, tra cui quella in cui aveva abitato Goya -  ma è considerata uno dei più riusciti esempi di pianificazione urbana e la ricorrenza del suo centenario è stata festeggiata per tutto il 2010. Abbonda di alberghi di lusso e hostales  ( ostelli ) economici, sale giochi, gioiellerie, banche, boutique di alta moda,fast food e sexy shop. Usciamo a cercare un ristorante e ci ritroviamo in mezzo a una fiumana di gente che sciama, quasi tutti giovani, chissà dove mettono gli anziani, forse li eliminano. Andiamo a un ristorante italiano non indimenticabile. Io vado via prima perché voglio fare la doccia, ma ho avuto indicazioni inesatte, arrivo a quello che credo sia l’hotel, ma non c’è. Chiedo informazioni, ma non so nemmeno dire il nome e mi prende il panico. Telefono a Sandro che non risponde. A Patti è inutile telefonare, tanto non risponde mai. Mi preparo a dormire in strada, ma poi chiamo Iso, e mi ritrovo col gruppo.

 

Domenica 9 Aprile

 

Alle otto  ci ritroviamo per caso in otto – non ci eravamo dati appuntamento – nella hall dell’albergo e andiamo alla ricerca di un bar. E’ domenica e i bar aprono alle 8.30, ma noi abbiamo fame adesso. Dopo una breve ricerca ne troviamo uno aperto, ci sediamo ed ecco che arrivano Angela e Giulio. Alberto sarà l’ultimo, e arriverà quando tutti abbiamo finito e molti se ne sono andati; ma noi sappiamo dove è stato seduto fino ad ora, e non lo sgridiamo. Alle nove cominciamo la visita della città. Andiamo a piedi fino alla Porta del Sol. E’ il centro geografico ufficiale della Spagna: un bel semicerchio delimitato da eleganti facciate, un incrocio affollato da cui passano ogni giorno migliaia di persone dirette in ogni dove. Il nome risale probabilmente alla seconda metà del Cinquecento quando i madrileni, durante la rivolta contro  Carlo I, eressero una fortezza, che ora non c’è più,  sull’arco rivolto a est della quale fu dipinto il sole. Sull’edificio principale della piazza, che ospita  il governo regionale, c’è un grande orologio. La notte di S.Silvestro i madrileni che gremiscono la piazza attendono che batta la mezzanotte cercando a ogni rintocco di inghiottire un chicco d’uva,  come vuole la tradizione: un’impresa non tanto facile!  Sul marciapiede antistante l’edificio c’è una targa che segnala il Chilometro zero, il punto a partire dal quale è misurata la rete stradale spagnola. Al centro della piazza, la statua equestre di Carlo III, celebre per il suo nasone. A est di questa statua si trova una scultura raffigurante un orsa incorniciata da sette stelle a cinque punte, e sormontata da una corona,  che strofina il muso contro un corbezzolo. Patti racconta che in un periodo di carestia un’orsa aveva mangiato  e poi espulso i semi di questa pianta, da cui erano spuntati tanti alberelli i cui frutti avevano sfamato la popolazione. Storia molto carina, peccato che poi ci ha detto che se l’era inventata Comunque meriterebbe di essere vera. La guida dice invece  che nell’XI secolo le forze cristiane arrivarono a Madrid provenendo da nord, e l’emisfero settentrionale della volta celeste è occupato dalla costellazione dell’Orsa minore, formata da sette stelle. Può essere questo il motivo per cui l’orsa e le sette stelle divennero il simbolo di Madrid. La corona sopra lo scudo risale al Cinquecento quando Carlo I permise alla città di fregiarsi della corona imperiale dopo essere guarito  da una febbre violenta grazie alle foglie del corbezzolo. Arriviamo a Plaza Mayor. Da secoli cuore della vita madrilena, ha uno stile architettonico di grande eleganza., i cui elementi più caratteristici sono le guglie di ardesia. Progettata nel 1619, la prima cerimonia pubblica che vi si svolse fu la beatificazione di S: Isidro, patrono della città. Fu teatro di molti eventi della storia spagnola. Ospitò corride, spesso organizzate per festeggiare matrimoni o nascite nella famiglia reale. Qui avevano luogo anche feroci autodafé, seguiti dalle esecuzioni mediante rogo o garrota ( che avvenivano sul lato nord )  oppure impiccagione ( sul lato sud ).Le esecuzioni capitali continuarono fino al 1790, quando un incendio distrusse gran parte della piazza. Oggi è circondata da negozi, ma un tempo l’area  ospitava un gran numero di bancarelle di generi alimentari e fu solo nel 1673  che un editto consentì ai venditori di coprire con tele cerate i loro banchi, per proteggere se stessi e i generi alimentari dai rifiuti di ogni tipo che la gente abitualmente gettava dalle finestre sovrastanti. La magnificenza della piazza è dovuta in massima parte al color ocra dei palazzi, ornati da 237 balconi in ferro battuto. Al centro della piazza una statua equestre di Filippo III, che ne ordinò la costruzione. E’ uno dei punti prediletti dei madrileni, che usano spesso espressioni colorite – potete immaginare quali -  per darsi appuntamento sul lato posteriore del cavallo. La domenica mattina il perimetro porticato è occupato da commercianti di vecchie monete, banconote, francobolli, bigiotteria. Io, Patrizia e Caterina comperiamo tre anelli e ci fidanziamo ( probabilmente resterà un rapporto platonico ). Chiedo al venditore di che cosa è fatto il mio anello e lui risponde ridendo:” piedras”, ma non è vero, è vetro. Andiamo al mercato coperto di San Miguel, tutto bello colorato, con piramidi di frutta anche esotica, negozi di salumeria, tavoloni e panche. Alcuni si fermano a bere un frizzantino. Sarebbe divertente mangiare qui, ma il corso degli eventi ce ne allontanerà per sempre. Passiamo poi dalla Chiesa di S. Isidro, il patrono della città, dove diamo solo un’occhiata perché c’è la messa. A questo punto ci separiamo: il gruppo va al mercato delle pulci, El Rastro, io e Patti andiamo a piedi verso il Prado, dove abbiamo il piacere di scoprire che per gli ultrasessantacinquenni c’è lo sconto del 50 per cento sul prezzo del biglietto. Cominciamo la visita e appena arriviamo davanti a Velasquez vengo assalita da ondate di calore seguite da gelo, ondeggio, mi manca il respiro, cado e batto la testa – beh forse ho un po’ esagerato, comunque era un bell’attacco di sindrome di Stendhal. Guardiamo gli spagnoli, mai visti prima perché mai usciti dalla Spagna. Restiamo cinque ore, con un breve intervallo passato nel bar del museo a bere aranciata e mangiare torta di mele. Usciamo stravolti e torniamo in albergo a piedi per sgranchirci la schiena. Il tempo è splendido, fa caldo e bisogna sgomitare fra la folla fittissima. Ma ci piace camminare in questa città divertente, allegra, con molta movida. Gli edifici manifestano una loro nobiltà e si capisce a prima vista che questa è una capitale. Ci sono molti palazzi liberty, altri che richiamano il gotico. Quando Sandro vi dirà che Madrid fa cagare, non credetegli. Mentre eravamo al Prado, gli altri giravano per la città senza una meta precisa e, arrivati al Palazzo Reale, si erano fermati nel piccolo parco adiacente. Poi Palazzo del Senato e infine Piazza di Spagna e monumento a Cervantes. Alle otto e mezzo ci si ritrova per andare a cena. Giriamo, giriamo, giriamo ma, o il ristorante non ci piace, oppure non c’è posto. Alle nove e mezzo finalmente ci sediamo in un ristorante tipico spagnolo, dove i miei amici mangeranno bene con porzioni monumentali ( un coniglio per una persona ).

 

Lunedì 10 Aprile

 

Alle dieci  siamo tutti al Prado, dove cominciamo la visita ognuno per conto suo. Qui ci sono 7.000 dipinti, di cui sono attualmente esposti solo 1500 pezzi ( e vi assicuro che io li ho visti tutti ). La guida suggerisce di diluire la visita in due giornate, per evitare di essere sopraffatti dalla mole delle opere ( io e Patti abbiamo fatto così , ma siamo stati sopraffatti lo stesso ). All’una ci incontriamo tutti nell’atrio per decidere il da farsi. Gli amici sono duramente provati e se ne vanno tutti tranne Angela e Giulio, con cui andiamo al bar del museo a pranzo ( gazpacho, paella e insalata personalizzata, buoni ). Intanto anche gli altri vanno a mangiare, in un ristorante in cui vengono serviti da un cameriere che ha lavorato a Porta S: Felice. Poi vanno  a stravaccarsi al Buen Retiro, un parco ricco di monumenti in marmo e giardini all’inglese, con qualche palazzo elegante e una vegetazione rigogliosa. Nei fine settimana è preso d’assalto dai madrileni, che vengono per passeggiare, leggere il giornale, fare una gita in barca o bere qualcosa di fresco in una delle terrazas all’aperto; e si popola di artisti di strada, massaggiatori cinesi e cartomanti. Nascosto   fra gli alberi a sud del lago, il Palacio de cristal, magnifica struttura in cristallo e vetro. Vicino, il Palacio de Velasquez, dove gli amici hanno visitato la mostra di Kikazzè – così mi hanno detto loro che si chiama -  con installazioni di stoffe di vari colori. Ad esempio c’erano le lettere dell’alfabeto appoggiate al muro oppure in terra.  Dopo aver pranzato, noi quattro maniaci riprendiamo la visita del Prado e ci rincontriamo alle quattro e mezzo. Siamo stanchissimi quindi decidiamo di uscire. Di bellezza ne ho abbastanza, d’ora in poi mi dedicherò solo alla bruttezza. Angela e Giulio tornano in albergo, mentre io e  Patti andiamo al Reina Sofia per vedere Picasso. Ci mettiamo in una fila chilometrica aspettando le sei, perché ci hanno detto che allora si entra gratis. Siamo quasi arrivati all’ingresso che arrivano gli altri e ci dicono che l’entrata gratuita è alle sette. Troppo tardi, io e Patti siamo stanchissimi e ce ne torniamo in albergo, mentre gli altri resteranno e torneranno dicendo che era bellissimo ( Sapremo poi che l’ingresso sarebbe comunque stato  gratuito per noi ultrasessantacinquenni ). Ritorniamo in albergo e ci riposiamo  in attesa che tornino gli altri per andare a cena. Ma alle otto telefonano dicendo che non vogliono cenare perché si sono abbuffati a pranzo, così noi quattro torniamo nel ristorante di ieri, dove più tardi ci raggiungerà Sandro per mangiare con noi. Ottima la cena, coronata da un dolce di pane e da un cognac splendido. Vito, Cleo e Iso ci raggiungeranno poi, per prendersi una birra.

 

Martedì 11 Aprile

 

Alle 9.40 alla stazione di Sol-cercanias per andare a El Escorial. Sul treno cominciamo una conversazione con un’indigena, con cui dobbiamo mantenerci sulle generali, col nostro vocabolario di 35 parole. Lei ci dice che sta andando ad Avila da sua cugina, poi la conversazione muore lì. Il paesaggio è piatto e poco interessante. Dopo 40 minuti arriviamo. Andiamo al monastero a piedi ( 2 km ) anche se non è mercoledì. Il maestoso complesso monastico-residenziale di San Lorenzo de el Escorial è un antico luogo di villeggiatura dei reali. Sorge sulle pendici delle montagne che circondano Madrid a nord e a ovest . E’ frequentato soprattutto dai madrileni che nei fine settimana desiderano allontanarsi dalla città . Diversi villaggi furono rasi al suolo per far posto a questo grandioso e tetro progetto, che comprendeva un centro monastico, un sontuoso palazzo reale e un mausoleo Cominciamo la visita dalla biblioteca, che ospita 40 mila volumi in begli scaffali di legno pregiato. Un tempo per chi rubava un libro c’era la scomunica papale, poi hanno pensato bene di mettere una reticella di metallo a protezione. La grande sala è abbellita da affreschi in gran parte di Pellegrino Tibaldi, che rappresentano le sette arti liberali, raggruppate in modo che sembra strano a me ma non a J S Bach (ad esempio la matematica e la musica sono rappresentate assieme ). Ci sono molti libri importanti, anche codici miniati, e un libro antico sugli scacchi. Entriamo nel Cortile dei re, che ospita  le statue dei sei re della Giudea, e di lì nella cupa basilica. Lo  stile è rinascimentale  e segue rigorosamente i canoni della controriforma : è a croce latina  in quanto la croce greca doveva essere evitata perché richiamava la chiesa ortodossa. Nel punto più alto della chiesa ( e del monastero ) c’è una placca d’oro che, in attesa del parafulmine che Franklin inventerà 300 anni dopo, doveva ottenere la protezione dei santi dal fulmine . La pareti sono spoglie ma l’altar maggiore è imponente come un edificio di cinque piani ed è fatto di molti riquadri dipinti assemblati. Entrando a destra c’è il bellissimo crocifisso del Cellini. Il corpo del Cristo, con i muscoli splendidamente evidenziati, è di marmo di Carrara bianco e spicca contro il marmo nero della croce. Questa scultura è pesantissima. Cellini l’aveva fatta per la sua tomba e in seguito era stata comperata dai Medici che l’avevano regalata a Filippo II. Dal mare a El Escorial c’erano voluti 50 portatori. Il suo peso lo ha salvato dai francesi arrivati in Spagna al tempo di Bonaparte e anche dalla guerra civile . Il corpo di Cristo è nudo, quindi Filippo II, che era un bacchettone,  lo fece nascondere dietro l’altar maggiore, dove veniva mostrato a pochi, coperto da un drappo di stoffa attorno ai lombi. E’ stato esposto qui solo nel 1965, naturalmente col drappo ( che imita molto bene il marmo ). In chiesa fa un gran freddo, tanto che Vito si prenderà il raffreddore e Cate si  salverà solo perché io mi porto sempre dietro almeno due giacche, e gliene ho dato una. La parte restante del piano terra contiene alcuni arazzi e un dipinto di El Greco, che coltivò il sogno ambizioso, mai realizzato,  di decorare l’intero complesso. Scendiamo al Panteon de los Reyes, in cui sono sepolti quasi tutti i sovrani spagnoli a partire da Carlo I in poi. Tornando un po’ indietro, raggiungiamo il Panteon de los Infantes, dove sono sepolte le principesse. Passiamo dallo studio di Filippo II: era il padrone del mondo e viveva in un ambiente monacale, mica come quel megalomane di Trump. Filippo aveva aspirazioni francescane, ed era un bacchettone e penso che le sue quattro mogli si siano lasciate morire dalla noia. Saliamo una scalinata che conduce all’angolo sud orientale del monastero , dove ci sono sale luminose, dai soffitti riccamente affrescati, che ospitano opere minori di El Greco, Tiziano, Tintoretto ed El Bosco ( sarebbe Hieronymus Bosch ). Riprendiamo il treno e, arrivati alla stazione di Sol, ci separiamo. Gli altri vanno in albergo, io e Patti torniamo al Reina Sofia. Quando arriviamo là, non c’è fila. Che bello, pensiamo! Scopriamo però subito che è perché il museo di martedì è chiuso. Questa visita non s’ha da fare né ora né mai. Per consolarci ci fermiamo a mangiare una paella in un ristorante di fronte al museo, dove scopriremo purtroppo che Sandro ha ragione quando dice che a Madrid la paella non la sanno fare. Torniamo in albergo, dove io mi addormento di botto dalla stanchezza. Io e Patti raggiungiamo poi gli amici, che sono al ristorante lì vicino dove al mattino facciamo colazione e dove loro hanno incautamente ordinato la paella, che arriva bruciacchiata, Non ci sono sedie libere, così io e Patti  andiamo a fare un giro alla Plaza del Sol, piena di gente e di vu cumprà, dove un folto capannello di giovani sta a guardare dei ragazzi  che ballano sulle mani.

 

Mercoledì 12 Aprile

 

Andiamo tutti al Thyssen, una delle collezioni private più straordinarie al mondo per l’arte europea. E’ il terzo vertice del “ triangulo de oro “ di Madrid. Qui sono rappresentati tutti i maggiori artisti europei, anche se spesso con una sola opera. Uno sballo. Questa collezione ha alle spalle una storia tipicamente spagnola, incentrata su una relazione amorosa fra personaggi celebri. I dipinti qui esposti sono l’eredità del barone Thyssen, un magnate di origini tedesco-ungheresi. La Spagna riuscì ad acquisire la preziosa collezione quando il barone sposò  Carmen Cervera, ex miss Spagna ed ex moglie di Lex Barker, uno dei famosi Tarzan. L’affare fu concluso quando il governo spagnolo si offrì di restaurare il neoclassico Palacio de Villahermosa appositamente per ospitare la collezione. Il barone è morto nel 2002 ma la sua affascinante moglie ha dimostrato di aver imparato molto dall’abilità collezionistica del marito e ha continuato a investire in opere d’arte ( invece che nella sicurezza dei suoi stabilimenti ). All’ora di pranzo ci ritroviamo tutti nell’atrio. La maggior parte del gruppo se ne va, chi in albergo, chi ad Alcalà de Henares, che si trova non lontano da Madrid. E’ Patrimonio dell’Umanità, ma ha un aspetto così  normale che ci si chiede, ma allora Bologna cos’è? Patrimonio interstellare? Qui si possono trovare a ogni angolo antichi edifici a due piani in arenaria, piazze assolate e una leggendaria università. La città è cara agli spagnoli anche perché ha dato i natali a Cervantes. Arrivati in centro, c’è una piazza molto lunga con platani tagliati – mi dicono orribilmente – in modo da ospitare le cicogne, che si vedono anche in cima a ogni campanile. Quando gli amici arrivano alla casa di Cervantes, stanno chiudendo, così la vedranno solo dall’esterno, dove campeggiamo le statue di Don Chisciotte e Sancho Panza.  Dopo essere stati all’Ospedale Vecchio , aver fatto una gran quantità di foto e mangiato il gelato, ritornano in treno alla stazione di Atocha vecchia, che è molto particolare perché è piena di tartarughe che si muovono in mezzo a una vegetazione tropicale.

Intanto io e Patti pranziamo con Angela, Giulio e Patrizia nel ristorante del museo, che non è niente male. Poi ritorniamo ai nostri quadri. Dopo cinque ore di visita complessiva, ubriachi di bellezza, decidiamo che ne abbiamo abbastanza e usciamo. Andiamo alla Real Basilica di Nuestra senora de Atocha , dove alle sei c’è un concerto. Arriviamo nei pressi alle cinque e mezzo e c’è già una fila chilometrica. Mentre gli altri aspettano pazientemente che venga il verde al semaforo, io attraverso alla boia di un giuda e vado a prendere il posto nella fila. Quando loro arrivano, dietro di me si sono già aggiunte almeno 15 persone . Aspettiamo pazientemente in fila mentre il sole dardeggia spietato: ci sono 34°. Poi la fila comincia a muoversi, molto lentamente e quando arriviamo all’ingresso della chiesa due vecchie signore col bastone si mettono a correre su per le scale sorpassandoci : hanno capito che in chiesa non ci staremo tutti e quindi a un certo punto non lasceranno più entrare. E difatti, solo due o tre persone passeranno dopo di noi. Entriamo, cerchiamo un posto a sedere ma non ce ne sono più, così ci sediamo in terra. E dopo, come farò ad alzarmi? Il concerto comincia con una suite di Bach che mi commuove molto anche perché la conosco bene. Ma allora non sono così ignorante come credevo! Poi continua con gli Stabat Mater di Vivaldi e Pergolesi, splendidi. Il contralto è un uomo, e ha una voce bellissima. Finito il concerto torniamo in albergo. Intanto Patti, che non era venuto con noi, va al Reina Sofia, dove finalmente riesce a entrare. Prende l’audioguida e sale al primo piano per vedere Picasso. Al banco delle informazioni chiede in quale sala è Guernica. La stronza gli dice che col suo biglietto non può vederlo ( in effetti c’è scritto “ sin Guernica”, però è stronza lo stesso ). “ Cosa posso fare? Vado a fare un altro biglietto? “ Teoricamente sì” “ E praticamente?” “ Con questo biglietto no” “ Torno alla biglietteria? “ Teoricamente sì”. A questo punto Patti scende e va a riconsegnare la guida per poi uscire e  ripassare dal metal detector. Fortunatamente la ragazza si impietosisce, va alla biglietteria e torna dicendo che può entrare con quel biglietto. Patti risale, presenta il biglietto dalla parte opposta al “ sin Picasso “ ed entra. Ma è convinto di avere un pianeta che è immeritatamente contrario a Picasso. Tornerà dicendo che la mostra è fatta molto bene, con belle didascalie.

 

Giovedì 13 Aprile

 

Dopo colazione usciamo tutti insieme  con l’intenzione di visitare le chiese più importanti. Ma, ahimè, sono tutte chiuse perché è giovedì santo, così ci mettiamo a girare per la città, ammirandone le belle strade larghe e i nobili edifici, fin che  arriviamo a San Antonio de la Florida che, miracolosamente, è aperta. Questo eremo, recentemente restaurato,  è uno dei pochi luoghi in cui è ancora possibile vedere un’opera di Goya nella sua collocazione originaria. Sulla cupola è raffigurato il miracolo di S:Antonio. Al santo, che viveva a Padova, giunse notizia dalla natia Lisbona  che suo padre era stato ingiustamente accusato di omicidio. Antonio fu miracolosamente trasportato alla città d’origine, dove fece portare la vittima davanti ai giudici. Il dipinto ritrae il momento in cui il santo chiede al giovane ucciso di alzarsi e di dichiarare l’innocenza di suo padre. Intorno ai personaggi principali è radunata una folla di persone. Di solito, in questo genere di opere, angeli e cherubini sono raffigurati nella volta della cupola, a vigilare sulle attività terrene, mentre Goya scelse  di porre l’umano al di sopra del divino. Il pittore è sepolto davanti all’altare. I suoi resti furono traslati qui all’inizio del Novecento da Bordeaux, dove era morto durante il suo volontario esilio. ( Inspiegabilmente allo scheletro che fu riesumato mancava la testa ). Il 13 giugno di ogni anno tutte le giovani madrilene vengono qui per chiedere di trovare l’anima gemella. Finita la visita, prendiamo una strada in leggera salita e dopo poco troviamo il cimitero ( chiuso )  dove riposano 43 ribelli giustiziati dalle truppe napoleoniche dopo l’insurrezione del 2 maggio.  L’evento fu immortalato da Goya nei suoi dipinti Dos de Mayo e Tres de Mayo, che sono esposti al Prado. Sul monumento si trova la riproduzione del Tres de Mayo in formelle fatte nell’istituto di ceramica adiacente. Continuiamo a salire e attraversiamo un bel giardino che ospita  mostre internazionali di rose. Al momento ce ne sono pochissime fiorite, però è bello lo stesso. Arrivati in cima al parco, usciamo e ci sediamo a un ristorantino all’aperto a mangiare – niente di eccezionale – poi andiamo al parco de la Montana, che ospita il tempio egizio De Debod, che per altro non visitiamo perché c’è la fila. Il monumento fu salvato dalle acque del Lago Nasser, formatosi dopo la costruzione della diga di Assuan. Fu smontato una pietra alla volta e donato alla Spagna in pegno di riconoscenza per la partecipazione degli archeologi spagnoli  ai lavori della squadra Unesco, la cui opera mise in salvo monumenti di inestimabile valore storico che rischiavano di scomparire per sempre. Stando a quanto dicono alcuni esperti di mitologia la dea Iside avrebbe dato alla luce Horus proprio in questo tempio ( la guida precisa che questo avvenne prima che  fosse trasportato a Madrid ). Camminiamo un po’ per il parco, fermandoci soprattutto ad ammirare le vedute sul palazzo reale, che sono bellissime.  Gli amici poi si stendono nel prato al sole, mentre Alberto se ne torna all’albergo e io e Patti andiamo a visitare il Museo Sorolla, dato che un museo al giorno leva il medico di torno. La collezione si trova in quella che fu la residenza madrilena del pittore – una bella casa progettata da lui stesso secondo il gusto art déco a cui si accede attraversando un bel patio in stile andaluso. Qui c’è la collezione più completa delle opere di questo artista che amo appassionatamente e che ha saputo immortalare come nessun altro la luminosità della costa mediterranea. Torniamo in albergo e ci prepariamo per andare a cena. Anch’io mangerò con gli amici stasera! Andiamo in un ristorante di Plaza Mayor, dove alcuni si avventurano a ordinare il cocido che è un piatto nazionale – un piatto povero, niente di speciale. Mangeremo alcune cose buone, altre meno, serviti da un cameriere italiano che ha lavorato in diversi continenti e ce l’ha con tutto il mondo. Per tutto il tempo si lamenterà sfogandosi con noi, che non riusciamo a consolarlo. Ma alla fine ci farà lo sconto lo stesso. Usciamo sulla piazza che nel frattempo si è riempita a dismisura di una folla che segue in processione la statua della Madonna con un manto pesantissimo che la copre alla vista. E’ portata a braccia su un baldacchino, che si muove al ritmo della musica, E pare che balli.

 

Venerdì 14 Aprile

 

Dopo colazione noi ragazze andiamo al negozio di Desigual, che è vicino all’albergo, dove comperiamo le cose più colorate che riusciamo a trovare. Alle 11 ci passano a prendere per portarci all’aeroporto, dove ci imbarchiamo alle due e mezzo. Arrivo alle quattro e mezzo a Bologna, dove troviamo Miriam e Donatella che sono venute a prenderci – che Dio le benedica. E’ stata una bellissima vacanza