Mercoledì 17
:
bus 62 per La Valletta - Visita Co-cattedrale di San Giovanni con dipinti
Caravaggio - Forte S.Elmo e bastioni ovest fino imbarcadero - rientro a Sliema
con traghetto
DIARIO
Mercoledì 17 novembre
Alle otto e mezzo
prendiamo il bus per La Valletta. La prima pietra della città fu posata nel
1566. Temendo un attacco da parte dei turchi, il Gran Maestro La Valette diede
inizio all’opera di finanziamento e di costruzione di nuove fortificazioni per
erigere una città ex novo. Un esercito di circa 8000 uomini tra schiavi e
artigiani lavorò duramente lungo gli scoscesi pendii di Sceberras, livellandone
la cima,scavando un sistema di drenaggio nella roccia viva e sviluppando una
regolare griglia di strade.La Valletta diventò così la prima città europea
costruita in base a un preciso progetto urbanistico, con edifici abbastanza alti
da proteggere le strade dal sole e strade dritte per permettere alla brezza
marina di circolare liberamente. Una poderosa fortificazione di alte mura e
imponenti bastioni venne innalzata attorno all’intero perimetro della città.
Sollecitati dal timore di un assalto da parte dei turchi, i Cavalieri portarono
a termine le fortificazioni in appena cinque anni. Poi la città fu completata
con chiese, palazzi e un ospedale. La Valletta divenne così un capolavoro di
architettura e un gioiello di urbanistica e tuttora resta uno dei paesaggi
urbani più belli e caratteristici di tutta Europa – così dice la guida e io sono
d’accordo. Ci mettiamo in fila ad aspettare che la St. John’s Cathedral apra. Ci
faranno lo sconto sul biglietto in quanto ultrasessantenni? In proposito Gianni
non è d’accordo. Dice che i vecchi dovrebbero pagare di più perché, ad esempio,
fanno un uso smodato delle toilettes. Mara ci rallegra intrattenendoci con
l’imitazione del papa, poi il portonie si apre. Il bigliettaio controlla molto
acuratamente la data sul mio documento, come se non potesse capacitarsi che io
abbia superato i 60 anni. Non lo bacio solo perché è incredibilmente brutto. Le
pareti dell’interno non hanno un centimetro libero da decorazioni, una forma
terribile di horror vacui. La navata è lunga e bassa e ogni muro, pilastro o
costolone è solcato da una fitta rete di sontuose decorazioni che creano
l’effetto di un broccato d’oro ricoperto da un velo di polvere. Il pavimento
della chiesa è un vasto e variopinto patchwork di lapidi in marmo dalle
sfumature più varie: dal nero, bianco e azzurro, al rosso, rosa e giallo. La
volta è rivestita da affreschi di Mattia Preti che spero siano brutti, perché
erano troppo lontani perché io potessi vederli. Mentre gli altri vanno in giro a
visitare le cappelle dedicate alle varie lingue, io vado da sola all’Oratorio
dove è esposta la Decollazione di S. Giovanni del Caravaggio, così mi posso
abbandonare senza freni alla sindrome di Stendhal. Entro, guardo, svengo. Poi
arriva Anna Po e mi presta il suo cannocchiale, che mi permette di vedere meglio
le espressioni dei personaggi. Il quadro è di una bellezza assoluta, e non ci
sono parole per descriverlo, quindi non lo farò. Come dice il filosofo: Su ciò
di cui non si può parlare, si deve tacere. Però una notizia storica si può dare:
fu proprio qui, ironia della sorte, che Caravaggio venne spretato. Di fronte
c’è il S. Girolamo, altro capolavoro, ma ormai ho consumato tutte le mie risorse
sentimentali e non mi commuovo . La parte restante del museo ospita una
collezione di vesti sacre su cui , ricamando, generazioni di suorine si sono
consumati gli occhi – e forse anche la verginità, dirà poi Isa – tutta una vita
senza mai fare un bagno di mare, senza mai comprarsi un pastizzo sulle
bancarelle, senza mai andare a ballare… Passiamo davanti al ritratto del Gran
Maestro De Fonseca – com’è caduta in basso la famiglia, ridotta a produrre
pantofole! Chiediamo a Mara di imitarcelo, ma lei si rifiuta se non le forniamo
l’ermellino. Al piano di sopra c’è una sala con bellissimi spartiti corali del
Cinquecento e una raccolta di arazzi fiamminghi raffiguranti scene bibliche e
immagini allegoriche sacre ispirate a disegni di Rubens. Usciamo frastornati da
tanta bellezza e ci avviamo verso i bastioni. Per strada c’è chi si ferma in un
bar, chi in un altro, e quindi perdiamo pezzi. Arrivati ai bastioni poi, un
gruppo va avanti, mentre io e altri restiamo con Sandro. Raggiungiamo
l’imbarcadero mentre il traghetto sta per partire e il bigliettaio non vuol
saperne di aspettare gli altri, che saranno costretti a tornare in autobus, ma
arriveranno in albergo praticamente in orario. La traversata è piacevole,
brevissima ed economica ( costa meno del biglietto dell’autobus ). All’una meno
un quarto siamo tutti in albergo. Prendiamo i nostri pulmini per l’aeroporto,
dove arriviamo con largo anticipo. Alle tre l’aereo parte. Ci alziamo in volo e
in un attimo ci troviamo sopra una enorme distesa di cotone idrofilo che arriva
fino a Bologna. L’aereo atterra alle 16.30, in anticipo. Ci avviamo all’uscita
cantando che la festa appena cominciata è già finita e il cielo non è più con
noi. Poi baci e abbracci. E’ stata una bellissima vacanza.
